7 piccoli dettagli che abbassano la percezione del dolore (nocebo)

di | 9 Ottobre 2019

La percezione del dolore, è certamente influenzata dal tuo stato mentale.

Per questo motivo oggi voglio affrontare un tema veramente particolare, apparentemente scollegato al dolore, e che molti professionisti del settore sottovalutano.

La user experience di un paziente.

Definiamo subito questo parolone: è un termine che usano i grandi esperti di comunicazione per definire ciò che una persona prova quando utilizza un servizio.

Che c’entra la user experience e tutti i meccanismi di guarigione dal dolore?

O meglio, formuliamo meglio la domanda: ai fini di ottenere una guarigione completa… quanto conta la tua “esperienza vissuta” durante il tuo processo di cura?

Può sembrare un argomento di poco conto, ma non è così.

In teoria dovrebbe contare solo il risultato finale, e cioè se un paziente è guarito o non è guarito.

In pratica non è così semplice.

Arrivo subito al punto: ci sono studi che dimostrano l’influenza del placebo nelle persone, e sulla loro percezione del dolore.

Ti sconvolgerà sapere che se dai una pillola finta a 100 persone malate, 30 di loro poi ti diranno di stare meglio.

Quindi si può quantificare l’effetto placebo intorno al 30%.

Possiamo quindi concludere che se tu credi che quello che ti viene fatto funzioni, hai il 30% di possibilità che il dolore migliori anche se in realtà è acqua fresca.

Non è poco.

E soprattutto questo implica anche un altro fattore: esiste anche il contrario del placebo.

Si chiama effetto “nocebo”.

Per effetto nocebo si intende quanto la tua mente ti fa percepire dolore in più, rispetto a quello che hai realmente.

Quindi se la tua user experience non è buona, sarà più facile che si attivi inconsapevolmente l’effetto nocebo.

Quindi avrai più dolore!

E se la tua mente influenza la percezione del dolore, allora serve dare importanza anche a questi aspetti sottovalutati.

Ecco perché il modo in cui vivi il tuo percorso di cure è importante.

Non è semplicemente ottimismo o pessimismo.

Se il medico che ti visita lo fa in un tugurio impresentabile, e mentre ti visita non ti degna di uno sguardo, o hai la chiara percezione che non stia veramente cercando di fare il meglio per te…secondo te ci sono buoni presupposti affinché la tua guarigione vada a buon fine?

Non credo

Quello che veramente mi preme sottolineare, è che i professionisti del dolore di oggi, dovrebbero considerare questi aspetti per prevenire questo maledetto effetto nocebo.

Ecco alcuni fattori che per esempio possono attivare il nocebo:

– se l’ambiente in cui ti trovi per curarti non è di tuo gradimento;
(per es: quanto sono terribili gli ambienti ospedalieri? Conosci qualcuno che ama farsi ricoverare o perdere giornate intere al pronto soccorso? In queste condizioni la percezione del dolore aumenta!)

– se non pensi di essere di fronte al professionista giusto;

– se pensi che ti visita non è in sintonia con te, oppure se pensi che non ti stia calcolando, o hai la percezione che non stia approfondendo a dovere il tuo problema.

– se chi ti segue ti sta facendo sentire “abbandonato a te stesso”;
(per es: dopo innumerevoli visite e controlli, quante volte ti sei sentito dire la fatidica frase “aspettiamo e vediamo”? Quante volte ti sei sentito frustrato di fronte a questa frase e di fronte all’ennesimo fallimento terapeutico?)

Sono situazioni che ti lasciano in scacco, in attesa, in bilico. Sospeso in un mondo che non conosci, e che peggiorano solamente il tuo stato mentale ed emotivo, e quindi il dolore.

Tutti questi fattori apparentemente secondari, aumentano del 30% la possibilità di sentire più dolore del dovuto, e soprattutto che non tu non guarisca completamente.

Ancora una volta…30% non è poco!

Stiamo parlando della salute delle persone.

Siccome basta poco per prevenire il nocebo, è giusto considerarlo.

Anzi, direi che è assolutamente ETICO evitare il nocebo in tutte le maniere possibili.

Se hai dolore, significa che in qualche modo hai difficoltà a fare qualcosa e sei frustrato.

Nel momento in cui hai bisogno curarti, è giusto che chi ti segue ti tratti con guanti di velluto, il dovuto rispetto, e soprattutto dovrebbe presentarti un ambiente che non sia un tugurio.

Non dico che tu debba trovare il tappeto rosso…ma se con un ambiente migliore, più gentile, più piacevole, si potesse evitare il nocebo…perché non farlo?

Se anche questo contribuisce a farti star meglio, perché no?

Non faccio filosofia zen, non fraintendermi.

Analizzo solo i numeri, e in particolare analizzo cosa significa quel 30%.

Se sei convinto di essere nel posto giusto e in un ambiente che trovi piacevole, che ti permette di trovarti più a tuo agio, sarai maggiormente predisposto alla guarigione.

Personalmente ho provveduto a creare un ambiente più confortevole, volendo usare un termine un po’azzardato direi più “lussuoso”, e con atmosfera più distesa.

Soprattutto per tutte quelle persone che hanno bisogno di fare prevenzione, e che instaurano un rapporto continuativo con me.

Si meritano un ambiente migliore, e tutto quello che può metterli a loro agio.

Voglio dire, uno nella vita ne passa tante.

A casa dà l’anima per gli altri, mentre a lavoro dà tutto sé stesso per crearsi delle opportunità interessanti…direi che un po’ se lo merita di essere trattato bene no? Soprattutto nel momento del bisogno.

Io personalmente cerco di curare molto questi dettagli.

In particolare adotto questi accorgimenti:

1 – Per prima cosa non mi piace che le persone vengano ad incontrarmi pensando di avere a che fare con un personaggio rigido e impostato, senza un minimo d empatia. Quindi già dall’accoglienza cerco di mettere le persone a proprio agio, e se posso, accolgo personalmente le persone quando entrano.

2 – Niente lunghe attese in sala d’aspetto.
I ritardi nel mio studio tendenzialmente non ci sono. Quelle poche volte che accadono, sono dovuti esclusivamente a piccoli imprevisti (come per esempio capita che a qualcuno giri un po’ la testa dopo il trattamento, perciò è giusto che io rimanga con quella persona per assicurarmi che tutto sia a posto). A parte questi casi rari, non voglio in alcun modo che le persone siano condannate ad infinite attese come quando vai dal medico di base. Non accadrà perché io per primo odio perdere tempo inutilmente.

3 – Ho creato un ambiente più rilassante e lussuoso.
Se il motivo dell’appuntamento è per la cura di un dolore acuto, tutto si svolge in una determinata stanza di stampo più scientifico, dove potrai apprendere più cose possibili per risolvere il problema.
Se il motivo dell’appuntamento è invece per una seduta di prevenzione (una volta risolto il problema principale), allora tutto si svolge in un’altra stanza, più lussuosa e confortevole, dove puoi sentirti libero di staccare da tutti gli impegni attanagliano la vita quotidiana e dedicarti esclusivamente a rimetterti a nuovo al tuo corpo. E’ giusto così.

4 – Informando le persone, aumenta la consapevolezza.
Più dettagli conosci riguardo al tuo problema e al suo corretto trattamento, più è facile per me e per te remare nella stessa direzione.
Per esempio, sapevi che il trattamento della Fascia è il trattamento che fa più male rispetto a tutte le altre tecniche?. Non lo dico per spaventarti, al contrario!
Un po’ come la medicina molto amara è quella che cura meglio il malato, come dicevano i nostri nonni.
Se hai capito questo, la tua consapevolezza aumenta, sei psicologicamente pronto, e sapendolo in anticipo ti predispone ad accettare il dolore e ad avere risultati migliori.

5 – La divisa di un Fasciaterapeuta è rossa.
Contrariamente alla maggior parte dei medici/fisioterapisti/osteopati divisa bianca o il camice bianco, la divisa di un Fasciaterapeuta è rossa.
Primo perché è il colore della velocità, della Ferrari: simboleggia la velocità con cui il dolore diminuisce.
Secondo, e più importante…hai mai sentito parlare di sindrome da camice bianco? In pratica è un riflesso automatico per cui ti sale la pressione alla sola vista di un medico. Va da sè, che non è proprio il caso di aumentare i tuoi livelli di agitazione e di percezione del dolore, solo perché ti trovi di fronte ad un camice bianco.

6 – Non sarai chiamato con un numero:
Una cosa veramente terrificante che viene fatta continuamente negli ambienti ospedalieri o simili è chiamarti per numero.
In questo caso la realtà percepita dal paziente, è che lui non viene considerato una persona, ma una cosa inanimata e astratta. C’è una totale depersonalizzazione delle persone, e l’effetto nocebo diventa più probabile.

7 – Il termine “paziente”, è sbagliato
In merito a questo non amo nemmeno il termine “paziente”. Lo uso per farmi capire quando è necessario, ma se posso evito.
Preferisco dire semplicemente “persone”.

Questo perché quando si identificano le persone con il termine “paziente”, in realtà si sta già facendo una diversificazione non necessaria, quando semplicemente il rapporto che si crea nella fase di cura è quello di una persona che ha un problema che si affida a un’altra persona capace di risolverglielo.

Diciture diverse creano distanza e depersonalizzazione tra le persone.

Questi sono solo alcuni degli accorgimenti che adotto per evitare che chi si rivolge a me, abbia più dolore di quanto già non soffra.

Ovviamente, creare un ambiente più lussuoso e gradevole non rappresenta il fulcro del mio lavoro.

Sono piccoli dettagli che però aiutano molto.

Semplicemente guardo al lato pratico della cosa: se la tua esperienza con me è migliore, la tua guarigione sarà migliore.

Fine.

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